In seguito alla puntata di Report andata in onda lunedì 21 ottobre scorso, siamo a specificare alcuni aspetti relativi al nostro caffè discussi durante il servizio di Bernardo Iovene.
Per prima cosa, il caffè arabica Alce Nero analizzato dalla trasmissione proviene dai piccoli produttori della zona Nord del Peru – Piura e del Nicaragua. Viene coltivato in zone montane, tra i 1200 e 1800 metri sopra il livello del mare, all’ombra di lussureggianti foreste, che forniscono un riparo sicuro per flora e fauna selvatica, aiutando a mantenere buoni livelli di fertilità del suolo e contribuendo al mantenimento di un ecosistema biodiverso. Il nostro caffè è caratterizzato da un profilo sensoriale aromatico, semi-acido e corposo.
I nostri produttori appartengono a Cooperativas Sin Fronteras (CSF), un’organizzazione internazionale composta da 30 cooperative o associazioni di produttori biologici e del commercio equo e solidale, provenienti da otto paesi dell’America centrale e meridionale e dell’Europa meridionale. Cooperativas Sin Fronteras è Socia di Alce Nero ed ha come obiettivo quello di favorire lo sviluppo, la crescita e l’integrazione dei piccoli produttori, promuovendo principi di qualità, salubrità e sostenibilità (oggi coinvolge più di 14000 famiglie di piccoli produttori).
Per ciò che concerne la certificazione, il nostro caffè segue il regolamento del BIO Europeo n. 834/2007. Gli enti di controllo centro-sudamericano Biolatina e OCIA, che lo certificano, fanno parte dell’elenco degli organismi e delle autorità di controllo designati ai fini dell’equivalenza dalla Commissione Europea (EC N° 1235/2008 aggiornato il 09.04.2019 valido fino al 30/06/2021). Biolatina, per esempio, con più di 20 anni nella certificazione Biologica, è membro dell’IFOAM, la Federazione internazionale dei movimenti di agricoltura biologica e di CERTIBIONET, l’Associazione internazionale delle organizzazioni di certificazione e ispezione in agricoltura biologica per garantire la qualità dei loro sistemi di ispezione e certificazione.
Il fatto che il prodotto all’origine sia controllato e certificato da parte degli enti di controllo locale non significa che ne sia data per scontata la sua certificazione, ad essa infatti si aggiungono molte altre analisi effettuate da Alce Nero sulla materia prima e sul caffè già tostato.
Nello specifico, sulla materia prima viene effettuata un’analisi obbligatoria prima dello sdoganamento per la rilevazione di Ocratossina A; ulteriori controlli e prelevamenti vengono poi svolti da Alce Nero che ricerca la presenza, tra gli altri elementi, di una multiresiduale di pesticidi e contaminanti, glifosato, cadmio, piombo e rame.
Sul caffè tostato e macinato, vengono infine fatte altre analisi: nello specifico, il nostro torrefattore (in accordo con Alce Nero) verifica la presenza di residui di fitofarmaci, mentre Alce Nero ricerca Acrilammide, impurità di varia natura (filth test), contaminanti (piombo, cadmio, ocratossina A), multiresiduale pesticidi, conta lieviti muffe, conta anaerobi solfito riduttori, conta microrganismi, aflatossina, glifosato. A tutto ciò va aggiunto un test organolettico pre-imbarco da parte del torrefattore che tosta il nostro caffè.
Per quanto riguarda poi la presenza di metalli segnalata da Report, in primo luogo è bene riaffermare che tale presenza è dovuta alla costituzione stessa del terreno su cui il nostro caffè viene coltivato e in secondo luogo ribadire che, nonostante l’assenza di limiti di legge, i livelli degli stessi sono molto al di sotto delle soglie di allerta indicate dai pareri delle Autorità (EFSA e Ministero della Salute).
In particolare, nei terreni acidi – quali sono quelli in cui viene coltivato il nostro caffè – si riscontra la presenza di alluminio, manganese e ferro. Tale pH acido del suolo rende solubili i metalli presenti naturalmente nel terreno e di conseguenza disponibili e quindi assorbibili dalla pianta attraverso le radici e da qui al frutto del caffè. E’ la pianta stessa che attiva inoltre meccanismi metabolici di protezione dall’eccessivo assorbimento dei metalli per evitare accumuli dannosi. Questo fenomeno è ampiamente trattato in letteratura e particolarmente rilevante nelle aree caratterizzate da suoli acidi. L’ampiezza della bibliografia di riferimento ci consente di affermare con elevato grado di sicurezza che la presenza di alluminio e manganese nel nostro caffè è attribuibile all’areale di coltivazione peruviano e più precisamente alle caratteristiche chimico-fisiche del suolo stesso. Ciò implica anche che caffè coltivati su suoli diversi avranno caratteristiche diverse.
In ultimo, ricordiamo che l’utilizzo di fertilizzanti chimici(che possono lasciare tracce di metalli pesanti all’interno della materia prima) è assolutamente vietato in agricoltura biologica, metodo che da più di 40 anni pratichiamo, mentre sono consentiti in agricoltura convenzionale allo scopo, tra gli altri, di massimizzare le rese. I piccoli agricoltori che fanno capo al nostro socio Cooperativas Sin Fronteras non hanno nella massificazione delle produzioni uno degli scopi della loro attività, ma coltivano per il sostentamento proprio e delle proprie famiglie.